In questi giorni sono riuscito a parlare con Maysaa e sono riuscito a chiederle un po’ di dettagli sulla loro situazione. Il motivo per cui non ha risposto per quasi due mesi è che il suo cellulare era andato distrutto durante una delle fughe.
Purtroppo il resoconto che mi ha fatto descrive una situazione che continua a peggiorare: gli aiuti che arrivano sono insufficienti per la popolazione. Mi ha detto che vengono rubati e rivenduti sul mercato a prezzi altissimi. Ho chiesto a Dina e mi ha confermato la stessa cosa, ma non ha saputo dirmi chi sono coloro che si stanno approfittando della situazione.
Vivono in tenda, fa molto freddo e non sono in grado di procurarsi vestiti pesanti. Mi ha scritto che sua figlia è disidratata e mi ha mandato varie foto e video, che vi inoltro. Un giorno mi ha anche scritto che sua figlia ha l’epatite.
Le ho chiesto cosa mangia e le ho chiesto conferma che sia vero che in molti stanno mangiando anche i mangimi per gli animali, come ho potuto vedere da alcuni video diffusi in rete. Purtroppo ha confermato anche questo: mangiano principalmente lenticchie in scatola, ma conferma che i mangimi per gli uccelli vengono macinati e usati come farina per fare il pane. Anche Dina mi ha confermato che anche i mangimi per animali ormai vengono mangiati.
Dina intanto mi ha confermato che hanno lasciato la scuola dove erano rifugiati e hanno montato la tenda nell’ovest di Rafah. Rami, invece, mi segnala che anche un’altra famiglia che si trova con lui versa in difficoltà. Si tratta della famiglia di Alaa: ho incontrato anche loro all’ostello di Gerusalemme. Si trovavano lì per lo stesso motivo delle famiglie di Dina e Maysaa: il figlio di Alaa, Yazan, un bambino di nove anni, ha una malattia cronica intestinale e attende un trapianto di intestino. Alaa e il figlio sono a Betlemme con Rami e Asia, mentre il resto della famiglia si trova a Gaza.
La situazione degli aiuti umanitari, come immagino abbiate visto, è tragica. A Rafah migliaia di camion carichi di aiuti sono impossibilitati a entrare; quelli che dovrebbero entrare dai valichi in Israele pure, anche a causa dei blocchi causati dalle manifestazioni dei coloni, di cui vi ho già scritto. Molti beni fondamentali vengono bloccati: sedie a rotelle, stampelle, bombole per l’ossigeno, incubatrici, per citarne alcuni.
A inizio marzo una delegazione di circa 40-50 persone, tra parlamentari dell’opposizione, giornalisti e accademici, rappresentati di organizzazioni come AOI, Arci, Assopace, per citarne alcune, sono andati a Rafah per testimoniare quanto sta accadendo. La situazione che hanno trovato è esattamente quella che vi ho descritto, come potete leggere dall’articolo che vi inoltro e dal resoconto video di Luisa Morgantini e altri.
Ad aumentare il livello di barbarie, anche gli attacchi dell’esercito israeliano contro i camion stessi e contro i civili che cercano di prendere gli aiuti. Due settimane fa l’esercito israeliano ha causato oltre 100. Purtroppo non si è trattato di un caso isolato e la cosa si è ripetuta altre volte: ancora oggi arrivano notizie di civili uccisi mentre cercano di recuperare gli aiuti dai camion che riescono a entrare.
Secondo un articolo di Al Jazeera, che vi allego qui sotto, nelle ultime 48 ore ci sarebbero stati 5 attacchi di questo tipo, che avrebbero causato 56 morti. Sono in molti a sostenere che la fame e gli stenti sono utilizzati come arma contro i civili. Un’arma di una strategia di punizione collettiva che non stenta a cessare.
Il bilancio dei morti ormai ha superato le 30.000 persone, una ogni 75 persone, di cui oltre 12.000 bambini. I dispersi sono ancora 8.000, questo significa che il bilancio potrebbe raggiungere facilmente i 40.000 morti.
In Cisgiordania i morti sono già oltre 430 e i feriti oltre 4.600. per darvi un’idea, il 2023 era già un anno da record prima del 7 ottobre, con oltre 200 palestinesi uccisi in Cisgiordania.
Le case distrutte sono 360.000, gli edifici scolastici 392 e gli ospedali 12 su 35.
Potete approfondire il resto dei dati nell’articolo che riporto.
In questo scenario i pacchi lasciati dagli Stati Uniti e altri paesi occidentali, che vendono le armi a Israele e non chiedono il cessate il fuoco ricordano tanto quello che scrisse lo scrittore palestinese Ghassam Kanafani:
“Ti rubano il pane, poi te ne offrono una briciola…
Poi ti chiedono di ringraziarli per la loro generosità…
Oh, la loro audacia!!”