Srinagar, Kashmir, India, 31 maggio 2024
L'ABROGAZIONE DELL'ARTICOLO 370
REPRESSIONE E MISURE PREVENTIVE
L’abrogazione dell’articolo 370 è stata materia di propaganda per Modi, che lo ha definito “un faro di speranza, una promessa di un futuro più luminoso e una testimonianza della nostra determinazione collettiva a costruire un’India più forte e più unita”. Ma nel 2019 l’operazione è stata preceduta da un elevato dispiegamento di forze militari, la chiusura delle comunicazioni via internet e telefono, la detenzione preventiva di migliaia di persone, compresi avvocati, giornalisti e circa 400 leader politici, tra cui gli ex Chief Mininster dello Stato. Ancora adesso il Kashmir è un’area altamente militarizzata: si contano almeno un militare ogni cento persone. Persistono leggi restrittive e la legge sulla Prevenzione delle Attività Illecite, Unlawful Activities (Prevention) Act (UAPA), è usata in maniera disinvolta, portando all’arresto di centinaia di giovani, inclusi sette studenti, lo scorso 28 novembre, denunciati per avere tifato Pakistan, durante un match di Cricket con l’Australia, e per avere cantato slogan considerati anti-indiani. Il 24 aprile scorso è stato, invece, reso illegale l’uso di servizi VPN, che ha portato all’arresto di tre persone nel giro di due giorni, a inizio maggio.
L’elevato livello di repressione ha portato a una diminuzione della violenza, ma anche un clima di timore, da parte dei Kashmiri, a esprimersi liberamente: “la situazione in Kashmir è così complessa che non si sa mai chi è cosa”, mi dice una imprenditrice di Srinagar, referendosi al fatto che molte persone preferiscono non parlare di determinate questioni politiche, come la propria visione riguardo all’indipendenza del Kashmir, per paura di essere denunciati. Inoltre, ancora oggi si verificano alcuni episodi di violenza per mano di alcuni gruppi di militanti: gli ultimi due attacchi sono avvenuti il 19 maggio, quando una coppia proveniente dal Rajasthan è stata ferita e un ex leader del BJP, il partito nazionalista di Modi, è stato ucciso.
GLI SFIDANTI
In questo complicato contesto, l’affluenza ai seggi in Kashmir è stata tra le più alte registrate negli ultimi trent’anni, per quanto bassa se confrontata con i generali livelli di affluenza in India, che invece sono in calo (tra il 60% e il 69%): il 38% nella circoscrizione di Srinagar, il 59% in quella di Baramulla e il 54% in quella di Anantnag.
In Kashmir, il BJP ha deciso di non presentarsi, appoggiando, invece, alcuni partiti locali, come il Jammu and Kashmir People’s Conference (JKPC) dell’ex separatista Sajjad Lone. Tra i candidati favoriti risultano, invece, due ex Chief Mininster: Omar Abdullah del Jammu and Kashmir National Congress (NC), nel distretto di Baramulla, e Mehbooba Mufti, del People’s Democratic Party (PDP) in Anantnag, entrambi all’interno della coalizione I.N.D.I.A., insieme al principale partito di opposizione, il Congress di Rahul Gandhi.
A sorpresa, però, stando anche ai commenti di alcuni cittadini locali e analisti politici, nel nord del Kashmir, nel distretto di Baramulla, soprattutto i giovani sembrano appoggiare il partito indipendente Awami Ittehad Party (AIP), in urdu “alleanza popolare”, di Abdul Rashid Sheikh, conosciuto anche come Ingegner Rashid, in carcere a Delhi dal 2019, arrestato sulla base dell’UAPA all’indomani dell’abrogazione dell’articolo 370. Rashid ha affidato la campagna al figlio ventiseienne Abrar, iniziata solo due settimane prima del voto.
Rashid ha fatto del rilascio delle persone incarcerate il fulcro principale della campagna elettorale. Ai raduni dell’AIP si sono presentati molti giovani che normalmente boicottavano le elezioni, finanziando la campagna e fornendo veicoli e carburante, vedendo in Rashid una voce molto più rappresentativa per il popolo del Kashmir. “I politici durante la campagna elettorale fanno molte promesse, ma non appena vengono eletti le disattendono”, afferma una persona recatosi ai seggi per votare. D’altra parte, la corruzione, in India e in Kashmir, rappresenta una grave piaga. Secondo l’organizzazione Transparency International, l’India è al 93º posto per corruzione, su 180 paesi analizzati, e l’Indice di Corruzione Percepita in India ha oscillato tra 36 e 41, tra il 2012 e il 2023, dove i punteggi più bassi rappresentano un maggiore livello di corruzione.