Ieri ho ricevuto una serie di messaggi da Alaa:
“Prega per i miei figli, sono intrappolati,
La situazione è molto difficile
Sono a Nuseirat, all’ospdale Al-Awda
Sono sotto attacco”.
Nel giro di pochi secondi, apro i canali social, Telegram, scrivo a Salam. L’esercito israeliano ha fatto un’operazione a Nuseirat e ha liberato 4 ostaggi. Per fare questa operazione l’esercito israeliano ha prima annunciato che avrebbe attaccato vicino all’ospedale Al Aqsa, senza dare indicazioni su dove andare, poi ha attaccato nei dintorni dell’altro ospedale, Al Awda, dove molte persone si erano nel frattempo spostate. L’esercito è entrato a Nuseirat all’interno di un camion camuffato da aiuto umanitario. Oltre all’operazione omicida anche la beffa di fingersi un aiuto umanitario, quando sono mesi che gli aiuti umanitari entrano con il contagocce, fermati ai valichi dalle autorità israeliane e da gruppi di coloni che distruggono i carichi. Per mesi gli aiuti umanitari sono stati presi di mira dai carri armati israeliani. Per mesi hanno fermato carichi di aiuti al valico di Rafah perché portavano oggetti non graditi: come i frigoriferi per conservare i medicinali negli ospedali. Mentre entrava l’insulina, non entravano sistemi di conservazione.
Nell’operazione sono morte almeno 270 persone e ne sono state ferite circa 400.
Secondo alcune fonti potrebbero essere morti anche altri ostaggi israeliani nell’operazione.
I due principali giornali italiani, il Corriere della Sera e La Repubblica, nei titoli non fanno menzione dei morti palestinesi, se non in piccolo. L’unico giornale che ricorda che durante la precedente tregua sono stati liberati 105 ostaggi è Il Manifesto. Sono mesi che Israele non accetta alcun accordo con Hamas per il cessate il fuoco e la liberazione di tutti gli ostaggi. Quindi c’è poco da stare contenti per quanto successo ieri, perché, come ha scritto Francesca Albanese su X, una delle poche voci italiane che racconta i fatti con coraggio, ma che sui nostri canali si vede raramente e quando viene invitata viene attaccata dai conduttori, si tratta di “humanitarian camouflage”, “mimetizzazione umanitaria”: hanno commesso un massacro e l’hanno giustificato come operazione umanitaria. Un cavallo di troia.
Dall’inizio del genocidio al 13 maggio sono stati uccise oltre 43.000 persone (comprese le disperse sotto le macerie), il 90% delle quali civili; il 60% donne e bambini; oltre 15.000 i bambini.
Sempre al 13 maggio, i feriti erano oltre 81.000. Questo significa che Israele non sta solo uccidendo decine di migliaia di persone, ma sta creando una società di persone disabili, amputate, molte delle quali, in parte o del tutto, inabili al lavoro. Migliaia di amputati e disabili sono bambini. Operati e salvati senza l’uso di anestesia, sempre perché Israele non lascia entrare gli aiuti umanitari. Sono state distrutte oltre 136.000 case, 460 scuole e 332 ospedali. Hanno distrutto non solo il presente, ma anche il futuro di Gaza. Sono state uccise 371 persone del personale sanitario e 141 giornalisti. [dati Euro-Med Humanitarian Rights Monitor]
Ora, vi chiedo di immaginare se quanto sta commettendo Israele venisse commesso da un qualunque “stato canaglia” nei confronti di Israele o di un altro Paese occidentale. Quale sarebbe la reazione in Europa e negli USA? Qual è la reazione che provate voi immaginando questa cosa?
Non c’è più da molto tempo alcuna giustificazione a quanto succede a Gaza, e la vergogna di cui dovrebbero coprirsi i nostri politici e giornalisti è indelebile e lo sarà nella storia. Non c’è nessuna giustificazione di quanto succede a Gaza e in Cisgiordania da molto prima del 7 ottobre. Come ha ricordato la giornalista Abby Martin durante una puntata del programma del giornalista britannico Piers Morgan, nel 2018 i palestinesi di Gaza facevano marce pacifiche verso le recinzioni ai confini della Striscia di Gaza, per l’appunto occupata. Durante queste marce i cecchini israeliani sparavano contro di loro uccidendoli o gambizzandoli. Notizie che arrivavano in Italia solo attraverso canali di nicchia.
Un ultimo commento per le famiglie di Gaza che stiamo supportando. Le cure dei bambini malati di cancro e altre malattie croniche intestinali sono state interrotte dal 7 ottobre.
- Asia che si trovava a Gerusalemme si trova a Ramallah con il padre e può permettersi solo degli antidolorifici;
Fatima è riuscita ad evacuare, ma è stata presa in cura in Egitto, invece che nell’ospedale dove era precedentemente in cura, a Gerusalemme; - Mohamed non è potuto evacuare perché è maggiorenne, ma le sue cure sono interrotte da ottobre e vive nel contesto di Gaza, dove mancano anche i minimi principi nutritivi;
- Yazan (9 anni) aspetta un trapianto di intestino: i medici a Gerusalemme hanno detto che non possono fare nulla e che la famiglia deve rivolgersi all’estero, senza fornire alcun aiuto;
- Yumna, sua sorella, non è potuta evacuare perché i suoi referti medici sono andati perduti (era in cura a Gerusalemme anche lei);
- Mera non è potuta evacuare perché è stata data priorità a casi più gravi.
Anche l’interruzione delle cure dei malati da parte di Israele, nei confronti della popolazione dei territori che occupa illegalmente, è una forma di punizione collettiva.