Getty Images - 25 giugno 2024, Congresso degli Stati Uniti. Durante l'intervento di Benjamin Netanyahu solo una Rappresentante della Camera si è presentata senza applaudire e reggendo un cartello con scritto “Colpevole di genocidio” e "Criminale di Guerra" tutto il tempo dell’intervento, Rashida Tlaib.

Gaza è l’ipocrisia dell’Occidente

È passato un anno dalla sera in cui ho scattato le foto della famiglia di Dina e Rami sul tetto dell’ostello di Gerusalemme. Da allora quella che sembrava essere già una vita impossibile è diventata ancora più disperata.

Le condizioni sanitarie sono gravissime: si stanno diffondendo diverse malattie, tra cui scabbia, poliomielite ed epatite A.

Questa non è una situazione “normale” di un “teatro di guerra”, cosa di per sé già orribile, ma evidentemente di una condizione che è stata volontariamente indotta, attraverso la distruzione delle strutture sanitarie e degli ospedali, l’uccisione del personale medico e il blocco all’ingresso di Gaza di medicinali, macchinari ed equipaggiamenti sanitari (come i frigoriferi). Tutte le organizzazioni umanitarie che operano a Gaza sostengono che una situazione del genere non si è praticamente mai vista dal secondo dopoguerra in poi.

Ormai le strutture sanitarie rimaste in piedi sono pochissime, al collasso, incapaci di sostenere la pressione dovuta alla quantità di feriti che giungono ogni giorno. Le immagini che giungono da Gaza, inviate dai gazawi attraverso i social media, sono fuori da ogni livello di immaginazione: i feriti, tra cui migliaia di bambini, sono operati d’urgenza anche sul pavimento, senza anestesia, per mancanza di spazio, letti e medicinali. I corpi dei bambini dilaniati e decapitati dai bombardamenti continui sono centinaia. Ormai gli attacchi alle scuole, agli ospedali, ai campi di tende, ai rifugi dei palestinesi sono stati normalizzati.

Credo vi ricordiate tutti la prima volta in cui un ospedale di Gaza venne stato bombardato, l’Al-Ahli Arab Hospital, il 17 ottobre scorso. Anche se ancora oggi non è chiara la dinamica di quel primo episodio (alcuni studi sostengono che si trattasse di un missile di Hamas sfuggito al controllo, ma altre fonti sostengono che la dinamica sia stata differente), fece estremo scandalo. Oggi fatti simili hanno smesso di fare scandalo e sembrano non necessitare più giustificazioni. Qualunque crimine di guerra è diventato accettabile e normalizzato dall’obiettivo di Israele di liberare gli ostaggi o di uccidere qualche miliziano o capo di Hamas. Ma raramente viene ricordato, quanto meno a chi segue le notizie solo attraverso canali e giornali “mainstream”, che Hamas ha più volte in questi mesi accettato proposte di tregua o cessate il fuoco, ricevendo sempre un “niet” da Israele.

Arrivano notizie terribili sul trattamento dei palestinesi da parte dei soldati israeliani: sono girate a lungo le immagini di una donna anziana fatta attaccare da un cane dell’IDF (Forze di Difesa Israeliane, scelta piuttosto ironica…), registrate attraverso una telecamera posta sulla pettorina del cane; un ragazzo con sindrome di down è stato letteralmente fatto sbranare da un cane dell’IDF e lasciato morire dissanguato, ritrovato dalla famiglia, che era stata cacciata dalla casa, solo una settimana dopo in stato di decomposizione; nelle carceri sono stati registrati molti casi di tortura, nella base militare di Sde Teiman, come riportato dal New York Times, che evidentemente viene usata sistematicamente: casi di sodomia con pali di metallo, uso dell’elettricità, riduzione alla fame, solo per citare alcuni fatti riportati da alcune testate.

Oggi alcuni soldati sono sotto processo per un caso di sodomia nei confronti di un detenuto, ma è solo un sistema per mostrare agli organi internazionali che lo Stato di Israele investiga su eventuali abusi. La verità è che si tratta di uno specchietto per le allodole. Soprattutto conoscendo le numerose testimonianze (e video in circolazione) delle condizioni dei palestinesi nelle carceri israeliane, come riportato anche dall’organizzazione B’Tselem in queste ore. Anche un editoriale del giornale Haaretz riporta che i processi nei confronti dei soldati israeliani sono solo azioni di facciata per evitare che i processi vengano fatti dalla Corte Penale Internazionale. In molti casi gli imputati rimangono impuniti.

Le torture nei confronti dei palestinesi nelle carceri israeliane non sono una novità, ma sono una condizione ben documentata e ben conosciuta da diverse organizzazioni, tra cui Addameer, che si occupa di assistenza legale per i palestinesi nelle carceri. Adameer, insieme ad altre organizzazioni presenti a Ramallah, nell’agosto 2022 subì un attacco alla propria sede e il sequestro di molti materiali perché considerata un’organizzazione terroristica.

Anche Rula Jebreal in un’intervista con Naomi Klein ricorda che durante la prima Intifada a Gerusalemme moltissimi minori venivano arrestati dalle forze israeliane e quando venivano rilasciati riportavano ferite al retto e all’intestino.

Sempre in queste ore è stato rilasciato un nuovo video, filmato dalle videocamere di sorveglianza della prigione Sde Teiman, pubblicato dall’emittente israeliana Channel 12, di uno stupro collettivo da parte dei soldati israeliani ai danni dei prigionieri palestinesi. 

Invito a fare un esercizio, ancora una volta: provate a invertire i nomi, immaginate se dalle nostre televisioni e dai nostri giornali emergesse che quanto vi sto raccontando fosse stato fatto per mano dei palestinesi nei confronti degli israeliani, cosa pensereste? Che sono terroristi, che sono persone senza un briciolo di umanità, per non usare espressioni meno garbate. 

Ma dal momento che si tratta di bianchi, che vivono nell’”unica democrazia del medio-oriente”, ci pare tutto in qualche modo accettabile o giustificabile in nome della sicurezza, probabilmente. Sicuramente non meritevole dell’appellativo di “terrorismo”.

Così, mentre la Corte Internazionale di Giustizia ha dichiarato che ci sono tutti gli elementi per aprire un indagine nei confronti di Israele per genocidio, intimando a Israele di cessare gli attacchi nei confronti dei civili (da gennaio ormai), la Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato di arresto per Netanyahu e per il ministro della difesa Yoav Gallant e la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja dichiara illegale l’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele, abbiamo visto il nostro Presidente della Repubblica e la nostra Prima Ministra stringere le mani al presidente israeliano Herzog e il Congresso Statunitense applaudire il Primo Ministro israeliano mentre dichiarava che a Gaza non ci sia stato nemmeno un morto civile.

I casi sono due: o Netanyahu è un bugiardo, o per lui bambini, donne, anziani, persone con disabilità, giornalisti, medici, personale umanitario, uomini che non si sono uniti alla resistenza armata non sono civili. In entrambi i casi si tratta di uno dei peggiori criminali della storia.

Mentre Kamala Harris, che ha ereditato la candidatura di Joe Biden, si è defilata dall’evento, solo una Rappresentante della Camera si è presentata senza applaudire e reggendo un cartello con scritto “Colpevole di genocidio” tutto il tempo dell’intervento, Rashida Tlaib (nella foto in testa all’articolo).

Rispetto alla posizione di Kamala Harris, temo ci sia poco da sperare, visto il suo ruolo di vice di Joe Biden, e visto il suo stretto rapporto con l’AIPAC: come ha detto Eman Abdelhadi, sociologa dell’Università di Chicago in seguito alle recenti dichiarazion di Kamala Harris, “empatizzare con qualcuno a cui stai sparando alla testa non è lodevole. Non abbiamo bisogno di empatia per queste persone. Abbiamo bisogno che si interrompa la fornitura di armi e soldi che stanno uccidendo le persone con cui si sta empatizzando”.

In Italia la nostra stampa senza alcuna vergogna evita il confronto con gli esperti di Palestina, con i rappresentanti palestinesi, con gli intellettuali palestinesi. 

Ma invita piuttosto volentieri l’ex ambasciatore israeliano in Italia, che durante un dibattito televisivo qualche mese fa ha detto esplicitamente che l’obiettivo di Israele è “distruggere Gaza”, o lo scrittore Eshkol Nevo da Serena Bortone.

Perché Francesca Albanese, Special Rapporteur per le Nazioni Unite per i Territori Palestinesi Occupati non si vede in tutte le trasmissioni in qualità di esperta? 

Perché non viene invitato a parlare un politico palestinese, come per esempio Musafa Bargouti? 

Perché non invitano la scrittrice palestinese-statunitense Susan Abulawa, autrice di un libro struggente come “Ogni mattina a Jenin”?

I palestinesi a Gaza vengono trattati come topi in trappola: quasi due milioni di persone schiacciate sempre di più verso aree sempre più piccole, dove non arriva l’acqua perché le infrastrutture sono state distrutte, o il cibo, dove ci sono solo macerie, che vengono continuamente bombardate con la scusa che vi si nascondano uno o due militanti di Hamas.

Hassan mi manda notizie e descrizioni degli attacchi alle tendopoli, in cui era presente e a cui è sfuggito per un pelo, come durante l’attacco ad Al Mawasi (qui raccontato nel podcast Stories di Cecilia Sala); Alaa mi scrive spesso dicendomi che la sua famiglia sopravvive sempre per miracolo ai bombardamenti che accadono di fianco a loro.

Tutti sono estremamente preoccupati per le condizioni dei loro figli malati di cancro a cui le cure sono negate da 10 mesi.

Secondo uno studio del Lancet, se si considerano anche le morti indirette, le vittime a Gaza, ad oggi sarebbero almeno 4 volte quelle dirette (che oramai hanno abbondantemente superato le 40.000, considerando anche i dispersi sotto le macerie). Al 19 giugno, quando lo studio è uscito, la stima delle morti, considerando quelle dirette e indirette, utilizzando un approccio conservativo, ovvero per difetto, sarebbe almeno 186.000.

In Cisgiordania intanto stanno accadendo fatti non tanto diversi da quanto accade a Gaza, nella sostanza: qui di seguito vi lascio un video di un attacco dei coloni contro dei civili palestinesi, che praticano da oltre vent’anni resistenza non-violenta. Lascia ancora più sgomenti vedere nel video che il soldato presente non allontana o arresta i coloni per la loro aggressione, come sarebbe logico, ma spara in aria per avvertire e fare allontanare i parenti delle persone attaccate, mentre si avvicinano per soccorrere i feriti. 

Questa è la normalità e la quotidianità in molte aree della Cisgiordania.

 

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