South Africa - Corte Internazionale di Giustizia

Non vogliamo che si abitui a tutto questo

A Gaza la tragedia non si ferma. Non si è fermata a Natale, non si è fermata a Capodanno. Non si ferma nemmeno in questi giorni in cui il Sudafrica ha portato Israele alla Corte Internazionale di Giustizia per il reato di genocidio.

Giovedì 11 gennaio ho ascoltato buona parte della tesi dell’accusa. Mentre ascoltavo, mi sembrava di prendere una boccata di ossigeno. Avvocati sudafricani e irlandesi, tra gli altri, hanno mosso accuse gravissime a Israele. Hanno rimarcato il fatto che da 76 anni i palestinesi subiscono l’apartheid di Israele e che quello che vediamo oggi non è iniziato il 7 ottobre.

C’è un passaggio che mi colpisce perché mette in evidenza un precedente storico: “il primo genocidio nella storia in cui le vittime stanno trasmettendo in tempo reale la propria distruzione, nella disperata e vana speranza che il mondo faccia qualcosa.” Insomma, non abbiamo scuse, non possiamo dire: “non sapevamo.”

A un certo punto l’avvocata irlandese Blinne Ní Ghrálaigh snocciola alcune statistiche: ogni giorno Israele uccide 247 palestinesi, uno ogni 6 minuti; 48 madri, una ogni due ore; 117 bambini, uno ogni 12 minuti; dieci bambini vengono amputati, senza anestesia.

Questo processo è un fatto storico di enorme importanza, per tanti motivi: Israele viene portato di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia con l’accusa di genocidio; a farlo è un paese come il Sudafrica che conosce bene cosa è l’apartheid, avendola applicata per mezzo secolo; a supporto della causa ci sono avvocati irlandesi, che hanno subito l’occupazione britannica per 800 anni e insieme a loro alcuni avvocati britannici. Nessun paese occidentale appoggia il Sudafrica.

In compenso USA e UK hanno attaccato lo Yemen. Nel caso degli USA, senza che il congresso venisse interpellato.

Nei giorni delle due udienze ho guardato le prime pagine dei nostri giornali più importanti, Corriere, Repubblica, La Stampa, ecc.. Sembra che il processo presso la Corte Internazionale di Giustizia sia un evento che può essere relegato in piccoli trafiletti (addirittura nessuna traccia sul sito de La Stampa). Ancora una volta possiamo ripeterci che non possiamo dire: “non sapevamo.”

Di seguito trovate i video integrali dell’accusa e della difesa ai seguenti link.

Tesi dell’accusa – Sudafrica 11 gennaio 2023
Memoria difensiva di Israele – 12 gennaio 2023

Intanto da Gaza Maysaa un’altra volta non accede a internet da 14 giorni. Il suo ultimo accesso è stato il 31 dicembre a 00:03. Mercoledì e venerdì il mio amico di Ramallah ha fatto un controllo nella lista delle vittime e Maysaa non appare. Abbiamo anche controllato il nome di sua figlia. Questo mi lascia sperare che, come l’ultima volta, abbia problemi di accesso alla rete. 

Oggi, invece, sono riuscito a sentire Dina. Si trova a Rafah, sfollati in una scuola. Dice che non hanno né cibo, né acqua poiché costano caro e stanno finendo i soldi. Ormai l’acqua, non potabile, costa molto più che a Gerusalemme, che normalmente ha prezzi più alti, mentre mangiano sempre cibo in scatola.

Dice che gli sfollati sono tantissimi, tutti senza né cibo ne acqua.
Aggiunge che le Nazioni Unite sono una grande bugia. A questa affermazione io di certo non me la sento di ribattere in nessun modo.

Le notizie dalla Palestina non finiscono: attraverso il gruppo di lavoro di Casa per la Pace Milano, ci giungono notizie anche da altre persone. La casa del partner di Casapace a Betlemme, di cui vi avevo riportato l’arresto prima di Natale, è stata violata dall’esercito israeliano che ha fatto irruzione e l’ha messa sottosopra. Non vi condivido il video che ci ha mandato per motivi di privacy e sicurezza.

Nel frattempo sono arrivate anche alcune notizie da un altro nostro partner, nella zona di Tulkarem. Un agricoltore che da tutta la vita combatte contro l’apartheid israeliana attraverso la sua attività: il suo campo è schiacciato tra il muro di separazione e un’industria chimica, che ha il permesso di funzionare solo quando il vento tira verso il suo campo. Lui continua a coltivare e, non avendo accesso all’elettricità, al gas, poiché interrotti da Israele, ha trovato il modo di produrre quello che gli serve utilizzando il compost, il letame e creando un sistema di economia circolare e integrata che gli permette di vivere di quello che gli offre il proprio terreno. Ogni volta che lo andiamo a trovare racconta ai visitatori delle sue conferenze in giro per il mondo e di come sua moglie abbia difeso e mantenuto il terreno negli anni in cui si trovava in carcere. Nel raccontarlo ogni volta si commuove. La moglie, invece, ci racconta che quando hanno deciso di sposarsi gli disse che sapeva che stava per sposare un attivista e che lui sarebbe finito in carcere, ma che era disposta proprio a questo.

Nel suo messaggio di ieri ci dice: “questa mattina abbiamo provato ad entrare nella nostra fattoria, ma l’esercito ci ha puntato le armi addosso e ci ha ordinato di andarcene immediatamente. Sfortunatamente non abbiamo più fiducia nelle istituzioni internazionali e oggi la corte  internazionale di giustizia ha la sua ultima opportunità per provare la sua credibilità al resto delle istituzioni internazionali.”

Lunedì notte (ora indiana) sono riuscito a sentire il mio amico di Ramallah in una lunga videochiamata. Sono rimasto in chiamata con lui per 3 ore, dalla una alle quattro, senza che quasi ci accorgessimo dell’ora. Anche lui, quasi subito, mi riporta la delusione e la totale disillusione (non nuova a dir la verità) nei confronti delle istituzioni internazionali e l’ipocrisia del sistema.

Inoltre mi riporta il fallimento (non una novità) dell’Autorità Palestinese, che è il bodyguard di Israele. Da novanta giorni non ha detto una parola su quanto sta accadendo. MI dice “è uno schiavo di Israele, come quegli schiavi che diventavano i tirapiedi dei padroni ed erano violenti nei confronti degli altri schiavi”.

Nel frattempo sua sorella è partita per raggiungere altri pezzi di famiglia fuori dalla Palestina. “Non vogliamo che si abitui a tutto questo.”

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Scroll to Top