Dina mi ha mandato un video in cui si vede la casa di sua sorella andata distrutta. Ho cercato di capire se la sorella si sia salvata o meno. Da quanto ho capito sì. D’altra parte potete immaginare quanto sia tremendo perdere la propria casa e assistere all’uccisione dei propri vicini, come già è successo a centinaia di migliaia di palestinesi.
Nel frattempo il numero di morti e sfollati a Gaza ha superato quello della guerra del 1948.
Le condizioni con il freddo sono pessime. Non hanno portato vestiti o coperte e i prezzi del cibo e dei vestiti sono molto alti. Sono stati sfollati a piedi, con terrore e paura, mentre i carri armati li circondavano. Sono partiti senza nulla e hanno camminato per diversi chilometri. Ora si trovano in un magazzino senza finestre con altre trenta persone. Dice che fa molto freddo. Con i soldi che sono riuscito a mandarle, anche grazie ad alcune donazioni che ho raccolto, hanno comprato acqua e cibo, ma i prezzi sono aumentati moltissimo. Cercherà di comprare dei vestiti.
Mi ha mandato la foto del luogo dove sta dormendo con la famiglia e mi ha scritto: “Dormo in un ripostiglio senza finestre, con 30 persone, e non abbiamo abbastanza vestiti né coperte. Nonostante la tregua umanitaria, gli abitanti di Gaza City e del nord della Striscia di Gaza sono ancora tagliati fuori dal mondo e persino dai loro parenti nel sud, che non possono controllarli a causa dell’interruzione delle reti di comunicazione dall’una di notte di venerdì.“
Stiamo assistendo come testimoni diretti o indiretti a uno dei peggiori crimini della storia recente. Un crimine che passa sotto forma di diritto a difendersi, senza tenere conto delle “puntate precedenti” e senza rispettare i diritti umani, né il principio della proporzionalità della difesa. L’incredibile negazione dell’evidenza da parte dei media e dei politici occidentali ci chiama a differenziarci e stare dalla parte di chi soffre.
È più che mai importante, oggi, decidere in quale parte della storia stare.